Negli Stati Uniti insieme ad Obama, è stata votata la depenalizzazione della marijuana (in Colorado) e i matrimoni gay (in Maine, nel Maryland e nello stato di Washington). In Spagna la Corte Costituzionale ha respinto il ricorso del Partito Popolare, confermando la legge del governo Zapatero, mentre in Francia, Hollande, ha varato un disegno di legge per l’introduzione dei matrimoni per le persone dello stesso sesso.
Una rivoluzione, piccola piccola, che avviene tutta in giorno, quasi, ma che rappresenta una meta di un cammino iniziato tanto tempo fa. Sono passati più di dieci anni da quando il dibattito politico e civile era concentrato sui diritti e non su altre “urgenze”. C’è stato il terrorismo e a seguire la crisi, mettendo da parte, nell’agenda dei decisori, le scelte di carattere culturale.
Dimenticarsi dei diritti con la scusa che c’è la crisi o Osama Bin Laden, ha causato una regressione del dibattito e anche un po’ del livello di “umanità” dei cittadini, il linguaggio che si è affermato è stato quello leghista/grillino, e le categorie mentali si sono, a loro volta, adeguate.
Anche la stampa, purtroppo, ci ha messo del suo: mentre si plaude alla scelta d’oltralpe, passa quasi sotto silenzio l’affossamento di una legge simile nel nostro Parlamento.
Due pesi e due misure, liberal sì, ma non a casa nostra. Della serie: “Razzista, io? Ho tanti amici gay…“. Della serie: gay a casa loro.
Ma qui non si tratta solo di omosessualità, ma dei diritti in generale e del posto che questi devono assumere nelle scelte della politica, quel “Restiamo umani” che Vittorio Arrigoni chiedeva sotto i bombardamenti israeliani.
Se si parla di economia e non di diritto al lavoro, se si parla di famiglia e non di diritto alla famiglia, se si parla di democrazia e non di diritto al voto, le chiacchiere sono “abbacand“, esercizi di retorica sofistica, parole leggere leggere come un volantino di una campagna elettorale.
Per questo motivo, a parte la possibilità per gli omosessuali di sposarsi, cosa che ci riempie di gioia ma non esaurisce il dibattito, se pensiamo ai diritti, pensiamo ai diritti dei lavoratori sacrificati sull’altare de “L’Europa lo vuole”, con cui si è macellato ogni conquista e se n’è fatta salsiccia, pensiamo ai diritti dei cittadini di origine straniera di poter partecipare al processo democratico e ovviamente agli omosessuali di garantirsi una famiglia così come tutti gli altri cittadini.
Tornare a ragionare di diritti vuol dire tornare ad usare la testa e non più la pancia nelle scelte, significa tornare a far politica ad un certo livello.
A proposito, chissà se a Martina Franca Franco Ancona deciderà di istituire il Registro delle unioni civili, uno strumento simbolico ma fortemente rappresentativo della volontà di superare ogni schema xenofobo, ignorante e fascista che in tanti modi, ancora, impregna le nostre leggi.
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